La casa di Arlecchino
Ci sono due modi per raggiungere Oneta.
Per la strada che si imbocca subito fuori l'abitato di S.Giovanni Bianco, prima che inizi la Val Taleggio.
E' il percorso moderno, attraverso il quale si arriva a Oneta comodamente in auto: Oneta è quel grumo di case antiche che appare lì davanti, al termine di una distesa di prati.
L'altro modo è più faticoso e pochi vi si adattano.
Si tratta di uscire da S.Giovanni Bianco diretti verso l'alta Val Brembana; percorse poche centinaia di metri, si imbocca la mulattiera che dalla statale sale ripida ad Oneta. Questa è l'autentica Via Mercatorum, la strada dei mercanti, di cui il minuscolo borgo era un caposaldo.
Superata Oneta, la mulattiera si addentra nel bosco e raggiunge Cornello dei Tasso.
Le carovane che attraversavano Oneta fecero la fortuna di Cornello che si era organizzato per offrire ospitalità: porticati per la sosta notturna, fontane, sicurezza notturna grazie alla località ben protetta. Ed anche nella sua decadenza dopo la costruzione della strada Priula, la fama del nome dei Tasso che qui ebbero origine, ora richiama studiosi e turisti sempre più numerosi.
Per il borgo di Oneta la storia è diversa.
Il luogo è gradevole, ma non può reggere il confronto con il vicino Cornello.
La mulattiera serpeggia fra gli antichi muri, superato il portico della piccola chiesa si sbuca sulla piazzetta dalla suggestione enorme: sembra quasi uno spazio teatrale, dominato da un lato dall'edificio quattrocentesco detto Casa di Arlecchino.
Questa casa, che una tradizione ormai secolare consacra ad Arlecchino, documenta un'importante eredità storica e culturale.
Di fattura quattrocentesca, occupa una posizione privilegiata nel borgo medievale di Oneta, controllando strategicamente ogni possibile andirivieni sull'antica via mercatorum, che collegava l'alta e la media Valle Brembana con Serina e quindi con la Val Seriana e Bergamo. Essa ricopriva un ruolo fondamentale per i commerci della Val Brembana, essendo anche l'unica vera strada cavalcatoria e non una semplice mulattiera.
Questo fatto conferì a Oneta certo un ruolo non secondario, almeno fino a tutto il '500, quando, prima della strada Priula, non esistevano a fondovalle altre vie di comunicazione con Bergamo.
L'impronta autoritaria le derivava comunque dall'esser casa originaria della potente famiglia Grataroli, che già nel '400 vantava a Venezia ricchezze e fortune acquisite dai suoi figli più intraprendenti emigrati fin là ad esercitar arti e mestieri.
Nell'intento dei proprietari, ormai lontani dalla contrada d'origine, la casa d'Oneta stava dunque a significare concreta ostentazione del potere acquisito, nonché plausibile ambizione di ulteriori traguardi sociali.
A questa intenzione parrebbe indurre peraltro lo stesso impianto figurativo dello nobilitata camera picta situata al primo piano dell'edificio, dove una cornice d'affreschi del tardo 1400 (forse per mano dei Baschenis di Averara) ribadisce, soprattutto nell'allegoria di un rituale torneo cavalleresco, le gesta insigni dei Grataroli.
Attorno ad essi, quasi riproponendo un'assise compiacente e sottomessa, fanno corona gli emblemi araldici delle più autorevoli famiglie brembane e, attingendo ai temi della stessa religiosità popolare, Signore, Santi e Madonna danno un'impronta di sacralità alla pretesa investitura che vuole consolidare il protagonismo autoritario dei Grataroli.
Tutto ciò è ovviamente un'ulteriore testimonianza del fatto che qui eran padroni i Grataroli (sec. XV).
Cristo sul sepolcro Guerriero di casa Grataroli
Martirio di S. Simonino
S. Antonio Abate
S. Sebastiano
Torneo equestre
Per i Grataroli, non usi all'arte militare, la raffigurazione “cortese” di un torneo cavalleresco non sembra aver avuto la pretesa di celebrare il vanto di un fatto d'armi in cui risultò vincitore un membro della loro famiglia (la grattugia o grattarola, stemma dei Grataroli, è impressa sulla bardatura del cavaliere che disarciona l'avversario).
L'effetto è quindi volutamente scenico e, quasi rivendicando un'investitura nobiliare dal passato medioevo, assume piuttosto il significato emblematico di ostentare il vigore e l'audacia del casato nella determinata ricerca del successo, il cui esito positivo non è affatto gratuito e scontato, ma merito di un cosciente protagonismo autoritario e vincente.
Al di là dei contenuti artistici l'affresco è dunque importante perché è una concreta testimonianza dei valori sociali che localmente animarono la crescita umanista, introducendo a pieno titolo aspettative ed istanze culturali proprie del Rinascimento.