I Boselli
Stabilire con assoluta precisione l'epoca in cui i Boselli giunsero a S. Giovanni Bianco non è certo un'ímpresa facile, anche per la mancanza di notizie sicure al riguardo.
Da quale località provenivano i Boselli stanziatisi a S. Giovanni Bianco? Molto probabilmente da Bergamo o dalle sue immediate vicinanze. A questo proposito, dobbiamo precisare che in un lungo elenco dei beni che la “mensa vescovile” possedeva ad Almenno, si accenna a un documento risalente al 1190 in cui, per due volte, era menzionato un Albertus Bosselli di Almenno.
Ma, qualora si riuscisse a provare che i Boselli risiedevano a S.Giovanni già verso la fine del sec. XII, potrebbe essere vero anche il contrario, che cioé alcuni di loro siano scesi successivamente all'imbocco della valle.
Nel 1316 Enrico Boselli, facendo testamento, divise le sue sostanze fra i tre figli Pietro, Maffeo e Roberto. Al primo, il maggiore, assegnò buona parte dei beni esistenti a S. Giovanni Bianco, al secondo quelli che possedeva in Valle Imagna, ove Maffeo dovette stabilirsi, al terzo quelli di Cornalita.
I tre figli di Enrico Boselli furono i progenitori di altrettante famiglie, che si incamminarono, però, per strade diverse.
I discendenti del "ramo" di cui Pietro Boselli fu capostipite, si distinsero soprattutto nel campo letterario, scientifico e artistico.
Durante le aspre contese fra guelfi e ghibellini, che lacerarono l'intero territorio bergamasco dal 1378 al 1407 circa, Antonio Boselli, detto Bertazzolo, figlio di Pietro, fu capo autorevole del partito guelfo nella Valle Brembana.
A lui si deve l'audace colpo di mano contro il castello della Regina, fatto costruire dai Visconti sopra Sussia, roccaforte dei ghibellini, che venne raso al suolo il 5 settembre 1403 da una brigata di 200 guelfi, molti dei quali del nostro paese, capitanati proprio da Bertazzolo Boselli. In quell'occasione le porte del castello furono trasportate trionfalmente a S. Giovanni Bianco come trofeo di guerra.
Solo nella seconda metà del Quattrocento i membri di questa famiglia, pur mantenendo anche in seguito costanti rapporti con il nostro paese, ove continuarono a possedere case e terreni, si trapiantarono a Bergamo.
Parte di un affresco del XV sec. che ornava la casa di Arlecchino a Oneta
I successori di Maffeo Boselli, al quale il padre Enrico aveva riservato i beni esistenti in Valle Imagna, non ebbero alcun rapporto diretto con il nostro paese.
Del terzo "ramo", quello, tanto per intenderci, che ebbe come progenitore Roberto Boselli, scriveremo naturalmente qualcosa di più, anche perché molti dei suoi discendenti, per circa quattro secoli, risiedettero stabilmente a S. Giovanni Bianco, di cui in quel lunghissimo periodo, direttamente o per vie traverse, riuscirono quasi sempre a tenere in pugno le sorti.
Basti pensare che la nostra parrocchia fu governata ininterrottamente dal 1509 al 1652 da "rettori" venuti da questo ceppo e che i Boselli, oltre a ricoprire sovente la carica di console o di "sindico", ebbero ordinariamente in Consiglio comunale almeno due membri della casata, di cui uno chiamato a occupare il posto riservato alla loro "parentela, per rispetto al suo extimo", l'altro come rappresentante della contrada di Cornalita.
Da questa famiglia, che non uguagliò certo in fama e in prestigio le altre due, uscirono prevalentemente notai, uomini di chiesa, commercianti, proprietari di botteghe artigianali. Da Cornalita i nipoti di Roberto Boselli scesero in seguito al "centro", dove acquistarono nuove case e nuovi terreni; altri si spostarono sulla sponda sinistra del Brembo, prendendo dimora nei Comuni di S. Pietro d'Orzio e di S.Gallo.
Particolarmente nel '400 e nel secolo successivo furono infatti numerosi i Boselli residenti al Grumo,ai Molini, a Schiava, ai Castelli, dove avevano i loro beni, che si spingevano anche in alcune località limitrofe, come a Briolo, al Piazzo, al Bosco, alla Foppa. Capitale di questo vasto impero rimase a lungo Cornalita, anche se è opportuno chiarire che non tutta la contrada apparteneva ai Boselli, le cui proprietà, frutto, talvolta, di usurpazioni vere e proprie, erano situate soprattutto a monte, verso Alino, Vettatola e il Sornadello.
Nella seconda metà del '600 i Boselli avevano già venduto, però, una buona parte delle loro proprietà.
Quanto al preciso momento in cui questa casata scomparve dalla scena del nostro paese, possiamo assicurare che alla fine del '700, a S.Giovanni Bianco, dei Boselli non c'era più ombra.
Molti attraversarono addirittura le Alpi, iniziando una nuova vita in paesi stranieri, in Spagna, in Francia, in Germania...
Sappiamo, però, che proprio a queste nuove famiglie appartengono due personaggi illustri, scomparsi in epoca relativamente vicina, che casualmente accomunati nel nome sono divenuti per noi familiari: i conti Paolo Boselli.
L'uno, discendente dal "ramo" emigrato in Francia e morto a Parigi nel 1907, fu un munifico benefattore della nostra Scuola Materna. Quando, infatti, nel 1893, la Congregazione di Carità di S. Giovanni Bianco venne autorízzata a costruire un Asilo Infantile, quello attuale, per l'appunto, egli, non dimentico della sua origine brembana, rese possibile la realizzazione di quell'íniziativa, elargendo a questo scopo una somma veramente cospicua.
L'altro, proveniente da un "ramo" trasferitosi in Liguria verso il 1570, fu un insigne statista. Nato a Savona l'8 giugno 1838, docente universitario, sedette in Parlamento per quasi quarant'anni, ricoprendo spesso incarichi di grande prestigio.
Sottosegretario di Stato e poi ministro della Pubblica Istruzione (primo e secondo gabinetto Crispi - 1888/1891), successivamente ministro dell'Agricoltura (1893), delle Finanze (terzo ministero Crispi - 1893/1896), del Tesoro (ministero Pelloux 1899/1900), nuovamente ministro della Pubblica lstruzione (primo gabinetto Sonnino - 1906), il 18 giugno 1916 fu eletto Presidente del Consiglio, carica che esercitò sino al 29 ottobre 1917, nel periodo più drammatico della prima guerra mondiale.
Morì il 10 marzo 1932.
Bene ha operato S. Giovanni Bianco intitolando al primo l'istituzione da lui sostenuta con tanta liberalità e dedicando al secondo una delle vie principali del paese: non esisteva modo migliore per tramandarne il ricordo...