Le vie di comunicazione con Bergamo

L'itinerario normalmente seguito da chi voleva entrare nel cuore della Valle era rappresentato dal sentiero che da Villa d'Almè, costeggiando il fiume sulla sponda sinistra, sboccava nella piana di Zogno, dopo aver toccato gli abitati di Botta e Sedrina.

 Raggiungere, poi, S. Pellegrino da Zogno non costituiva certo un'impresa difficile, né, tantomeno, proseguire, ancora una volta sulla riva sinistra del Brembo, fino a S. Giovanni Bianco, percorrendo un sentiero in parte tuttora esistente.  

La mulattiera che da S.Giovanni Bianco conduceva in Alta Valle  saliva a Oneta, toccava Piazzalina, scendeva al Cornello, che attraversava sotto i suoi caratteristici portici, e, mantenendosi sulla sponda destra del fiume, correva alla volta di Lenna.



La via porticata del Cornello dei Tasso


Sfatiamo dunque l'affermazione secondo la quale, per raggiungere Bergamo dall'Alta Valle, bisognava salire a Dossena, scendere a Serina, arrampicarsi nuovamente fino a Selvino, passando per Rigosa, e guadagnare Bergamo dopo essere discesi a Nembro, rifacendo la stessa strada, naturalmente ín senso inverso, nel viaggio di ritorno...
Certo:esisteva anche questo percorso, ma era un itinerario alternativo, raramente praticato da quanti si recavano in città per il disbrigo di un affare urgente.  Esso era invece preferito dai mercanti, i quali, per la natura stessa della loro attività, non avevano problemi dí tempo e durante il tragitto potevano anzi toccare, con una semplice deviazione, anche numerose altre località, come Aviatico, Trafficanti, Costa Serina, Ascensione...

Del resto, da Zogno, fin d'allora, era possibile raggiungere Selvino passando per Endenna, Somendenna e Miragolo, mentre da Poscante una comoda mulattiera saliva a Monte di Nese per scendere ad Alzano, a poche miglia da Bergamo.  

La strada ideale, molto più breve rispetto alle altre, anche se in alcuni punti alquanto malagevole, rimase, comunque, quella che seguiva il corso del fiume e che, come abbiamo visto, veniva di norma prescelta dai vescovi che visitavano la Valle.


LA STRADA PRIULA


La strada "Priula" segnò una tappa veramente importante nella storia della nostra Valle, alla cui economia,  a quei  tempi depressa, infuse una boccata di ossigeno.

Non è, per verità, che prima di allora mancassero mulattiere o sentieri di collegamento con i paesi vicini, con Bergamo, con la Valsassina e, addirittura con la Valtellina, ma queste primitive vie di comunicazione erano così strette, tortuose, per non dire impraticabili dopo le piogge o durante il periodo invernale, da rappresentare un autentico ostacolo per gli scambi commerciali.

Eppure, queste "strade", nonostante le loro condizioni, erano frequentate da semplici viandanti, da mercanti, da "forestieri" in cerca di un nuovo insediamento e persino da personaggi illustri provenienti da paesi stranieri.

La situazione, comunque, era degenerata a tal punto che i valligiani chiesero a più riprese, a partire dal 1552, un sollecito intervento da parte del Governo di Venezia perché si provvedesse, almeno, a riparare i sentieri esistenti.  

Il 29 agosto 1592 il Senato di quella Repubblica, finalmente, espresse parere favorevole alla costruzione di una strada che collegasse Bergamo con la Valtellina, affidandone l'incarico ad Alvise Priuli, nobile veneziano, allora Podestà dí Bergamo.

 Negli intendimenti del Priuli non rientrava, però, almeno all'inizio, la costruzione di una nuova strada, e ciò per l'ingente costo che l'opera avrebbe comportato, ma poi prevalsero in lui il buon senso e considerazioni di ordine pratico.

 I lavori vennero immediatamente avviati nello stesso anno e potevano considerarsi pressoché ultimati nel 1596.  
Durante la fase esecutiva fu edificata anche una "casa di sosta" (l'attuale Ca' S.Marco) nei pressi del valico.




La vecchia cantoniera a Ca' S.Marco

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La "Priula", che incominciava, ufficialmente, dalla porta di S. Lorenzo di Bergamo, entrava nella Valle poco più su di Villa d'Almè, esattamente "alle cbiavi della Botta, consistenti in un pezzo di strada sostenuta da archi appoggiati sopra macigni eminenti dal Brembo, che vi passa ad una spaventosa profondità" (Maironi da Ponte, 1803).

Superato il fiume all'altezza degli attuali "Ponti di Sedrina" (esisteva allora un unico ponte, costruito in pietra nel 1476, che aveva resistito alla piena del 1493), proseguiva, sulla sponda destra del Brembo, per Zogno, S. Pellegrino, S. Giovanni Bianco e, da qui, correndo sotto il Cornello, toccava Lenna e Piazza per raggiungere, da ultimo, il passo di S. Marco attraverso gli abitati di Olmo e di Mezzoldo.

Tracce di questa strada si possono scorgere ancora oggi, a distanza ormai di quattro secoli, nel tratto Zogno-Ambria, in S. Pellegrino e, particolarmente, a S. Giovanni Bianco.

 La Priula, infatti, provenendo da Piazzalunga, percorreva via Gratarolo, attraversava il vecchio ponte sulla Brembilla e, avanzando quasi in piano (le attuali "quote" sono dovute a riempimenti effettuati nel 1882, all'epoca, cioè, della costruzione della strada provinciale e del nuovo ponte sulla Brembilla), svoltava nella Piazza Zignoni e, più avanti, in via Corserola, proseguiva per la via Pretura per dirigersi verso l'Alta Valle.



Caratteristico porticato della Priula a S. Giovanni Bianco


L'opera, senza essere un lavoro di alta ingegneria, fu certamente un'iniziativa di notevole impegno, che doveva rispondere anche a criteri militari.

La conservazione dell'intera arteria venne posta a carico dei Comuni della Valle (S.  Giovanni Bianco doveva aver cura del tratto che andava da Piazzalunga fin sotto al Cornello), i quali, però, si trovarono spesso nell'impossibilità di far fronte alle spese che anche la semplice manutenzione ordinaria poteva richiedere.  Figuriamoci, poi, quando si trattava di affrontare i lavori straordinari necessari per riparare i danni causati dalle frane e dai frequenti straripamenti del Brembo...

Ecco perché, già all'ínizio del Seicento, quanti avevano bisogno di servirsi di questa strada lamentavano lo stato di completo abbandono in cui essa, anche per lunghi tratti, era lasciata.  

Contrariamente a quanto si può supporre, la strada Priula, a causa delle caratteristiche tecniche secondo le quali era stata concepita e realizzata, non consentiva, da Villa d'Almè in su, il passaggio di carri; essa, infatti, era una semplice mulattiera e tale rimase fino al termine della dominazione veneta.






La strada Priula a Ca' S.Marco



Il governo francese, succeduto a quello della Serenissima, non si curò eccessivamente di questa arteria, limitandosi a far eseguire alcuni lavori, anche se di un certo impegno, nel tratto Ventolosa-Chiavi della Botta, che venne reso percorribile da piccoli carri.

 Spetta invece al governo austriaco il merito di aver operato interventi radicali che, trasformando completamente la vecchia strada grazie a lavori iniziati verso il 1820 e protrattisi per alcuni anni, la resero carrozzabile fino a Olmo.



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